E dunque, perché accontentarsi di Piața Unirii e del Palazzo del Parlamento quando nella capitale romena c’e’ un universo tutto da scoprire? Mentre l’alba colora il cielo sopra Bucarest e la sagoma della metropolitana si fa sempre piú piccola in lontananza, il dubbio che possa trattarsi di una leggenda urbana mi torna in mente. Forse non é qui. Poi all’improvviso comparvero, seminascosti, una vecchia insegna ed un cancello di ferro arrugginito. Varcato il quale la strada conduce all’interno di un’area industriale dismessa. Dove, finalmente, comprendo che Bucarest non é sempre ció che sembra.
Perché quella che una volta poteva definirsi la fabbrica Chimopar, adesso é arte di strada allo stato puro. L’accesso é piú o meno aperto al pubblico. Si puó anche fare da soli nella speranza di non essere scoperti. Da visitare il prima possibile perché domani, questo manifesto sull’arte murale, potrebbe non essere piú lì.
Difficile trovare qualcuno, in cittá, che conosca strada pintor Arthur Verona. Da questa minuscola via, adagiata nell’imponente viale Balcescu, muri e ambienti si sono convertiti in opere d’arte. Giá dall’esterno anche via Dionisie Lupu si fa notare in tutta la sua poetica decadenza. Poi la scoperta. Al civico n. 78 si trova un piccolo gioiello di nome Lente. In questo luogo il buon cibo incontra l’arte. Per uno spuntino di qualitá sopratutto quando scende la sera. Nel dehor tra gazebi, sedie di legno con morbidi cuscini e tavoli sormontati da bottiglie; si consuma il rito dell’aperitivo.
Lungo strada Polona, seminascosto da un cancello appare la sagoma di un Volkswagen anni 60. Davanti ad un giardino c’é una porta di legno addossata a pareti che paiono quelle di una fortezza. Uno.. due .. tre… i gradini scorrono sotto un passo incerto nella speranza di varcare la soglia…forse. E… apriti sesamo. Per poi richiudersi un istante dopo. Vengo accolto in quello che non pare un bistro ma una galleria d’arte e mi muovo ostentando il volto di chi, quel luogo, lo conosce come le proprie tasche. Impossibile non entrare. Impossibile pensare di scattare una foto senza correre dei guai.
Un microcosmo affollato, spesso sofferente. Come quello che popola un luogo non suggerito da nessuna guida turistica. Qui ragazzi invisibili vivono e imparano a farsi rispettare. Diventano grandi da piccoli. L’illegalità, le violenze e la droga sono all’ordine del giorno. Abituarsi é una forma di difesa umana, ma, allo stesso tempo, é il modo per non affrontare mai il problema.
E un po’ sentendomi come i soldati di Ivana Mladenovic nella sua storia da Ferentari non giudico, ma lascio le persone al proprio destino. Si nasce e si muore sempre nel proprio mondo. Ho finito di scrivere l’articolo piangendo.